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Giusto, sbagliato... oppure?

In "La psicologia italiana raccontata a mia figlia", un filmato realizzato dall'ordine degli psicologi, uno degli psicanalisti invitati ad intervenire (il Professore Renzo Carli) racconta di come l'ironia sia l'unica chiave con cui convenga guardare ai propri sentimenti.

Facciamo prima, però, un passo indietro.

La realtà che ci circonda, anche quando ci sembra assolutamente obiettiva, è sempre vissuta e trasmessa in modo trans-soggettivo. Ovvero condividiamo, a partire da un contesto culturale collettivo, dei significati soggettivi, che contribuiscono a modificare quella stessa cultura.

Siamo influenzati, ed influenziamo.

La PNL (Programmazione Neuro Linguistica) ha fatto di questo il centro della sua teoria, pensando di insegnare alle persone come modificare in modo consapevole la propria chiave di lettura.

La psicoanalisi, invece, si interessa all'inconscio e alla modalità con cui il risultato del rapporto tra cultura e soggettività, porti le persone a maturare un vissuto, ovvero il proprio modo di sentire la realtà.

Prendere consapevolezza dei propri vissuti ci permette di trovare letture alternative, e quindi nuovi comportamenti.


Quello che io colgo della cultura in cui vivo, specifica di questo luogo e di questo momento, è una estesa abitudine ad incanalare la vasta realtà entro la categoria di giusto e sbagliato; in altre parole la tendenza al giudizio privo di curiosità e, tornando alle parole di Renzo Carli, privo di ironia.

Si tratta di un modo di coinvolgersi simile a quello referendario, a cui si partecipa con dei "si" e "no" mentali che discriminano ciò che è consentito da ciò che non lo è.

Questa scarnificazione della complessità è rappresentata bene dall'utilizzo di massa del web, in cui l'interazione tra le persone è codificata attraverso "Mi piace" e "Grrr", pollice in su o in giù, Like e stelline.

Una comunicazione che ha senza dubbio diversi vantaggi, se associata alla capacità di prendersi del tempo, altrove, per sviluppare interesse e curiosità e che invece diventa tifo da stadio se non viene pensata, analizzata e capita in quanto elemento costituente della nostra attuale cultura.


Penso anche al recente dibattito in merito ai diritti civili delle coppie omosessuali, spesso svolto nei salotti televisivi a colpi di "I gay devono sposarsi, perché sono uguali a noi" e "I gay non devono sposarsi, perché è un atto contro-natura". Posizioni monolitiche, da cui è impossibile muoversi se non si sviluppa un pensiero ironico.


In un mondo in cui sempre meno coppie decidono di sposarsi, e quelle che lo fanno ricorrono tanto spesso e rapidamente al divorzio e si riproducono sempre meno, un gruppo di persone si mobilita per ottenere quello che sembrerebbe un'istituzione ormai desueta, e proprio a loro viene cercato di impedire, appellandosi a tradizioni religiose che legano il matrimonio alla riproduzione, standard a cui per prime le coppie eterosessuali non credono più.


Ecco che appena si affaccia la curiosità, nasce un nuovo modo di leggere la realtà: se il matrimonio è una istituzione che non rispecchia più le necessità di una nuova società, perché alcune persone militano per ottenerlo? Non potrebbe forse essere vissuto più come un simbolo, che come una richiesta? Come un cliché che, una volta ottenuto, potrebbe spazzare via le incertezze?


Dunque, pensare con ironia al mondo che ci circonda, alle nostre emozioni e alla nostra storia, permette di divertirci con le rappresentazioni della realtà, sfatare miti e creare soluzioni creative.

 

Crediti e bibliografia


Immagine: Relatività, Incisione di M. C. Escher


Filmato: La psicologia italiana raccontata a mia figlia, Ordine degli Psicologi, Video, intervento di R. Carli al minuto 39:00



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