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Vacanza, un momento per il nostro vuoto

Vi siete mai chiesti che significato racchiude dentro di sé la parola “vacanza”? Un termine che deriva dal latino e sta per essere vacuo, sgombro, libero e senza occupazioni. Tendenzialmente ci è più facile utilizzare proprio questo ultimo significato per dare senso alla nostra vacanza: sono le ferie, il periodo in cui non si è occupati dagli impegni scolastici e lavorativi. Questo accade perché siamo abituati, culturalmente, a pensare con maggiore facilità alle cose che avvengono fuori di noi, piuttosto che agli aspetti interiori... così la sospensione del lavoro costituisce la vacanza.

Ma se ci venisse in mente di pensare alle altre derivazioni etimologiche del termine? E’ possibile pensare alla nostra vacanza come ad un momento per essere vacui, sgombri: una occasione in cui liberare noi stessi “dalla memoria e dai desideri”, come suggerisce lo psicanalista britannico Wilfred Bion. Potersi svuotare, per un certo periodo di tempo, della memoria, cioè del nostro passato, e dei nostri desideri, quindi delle aspirazioni proiettate nel futuro, è utile a farci rendere conto che l’unico, vero e fondamentale momento in cui si vive è il presente.


Quanto spesso si parte per un viaggio portandosi dietro lo stress del lavoro, il litigio con il partner, le preoccupazioni per il quotidiano; e quanto spesso si pensa che un viaggio abbia la potenza di risolvere questioni, si spera migliori il nostro rapporto con gli amici, salvi una relazione in declino, si immagina che sarà entusiasmante o spiacevole. Tutto questo non consente di vivere secondo per secondo, nel presente.


Lo Shivaismo Kashmiro, conosciuto in occidente come Tantra, fa del principio della Presenza, uno dei capisaldi della crescita spirituale; la presenza coincide con la percezione costante del proprio corpo e del proprio essere nel mondo, e si può sperimentare solo in assenza di memoria e desideri, svuotando la mente da tutti i pensieri, le intellettualizzazioni, le ricerche di senso, ovvero solo nel “momento presente assoluto”, come direbbe Johannes Eckhart, teologo.

Tutte queste citazioni (e se ne potrebbero ricordare ancora altre), che provengono da mondi geografici, teorici e temporali tanto distanti, danno l’idea di quanto il tema della presenza in se stessi, ottenuta anche grazie alla capacità di sgomberarsi, sia vissuto come importante.

Viaggiare, muoversi da uno spazio all’altro, può essere una occasione di spostamento fisico, oppure può essere un cammino interiore.

Rendersi vuoti, privi di preconcetti limitanti, ed aperti a conoscere l’Altro, permette pure di conoscere, attraverso l’altro fuori di noi, ciò che è l’Altro in noi, aspetto fondamentale per la propria capacità generativa. In quale Altro modo possiamo esprimere noi stessi nel mondo? Quanta potenzialità di noi rimane assopita all’interno della routine rassicurante e, per certi versi, mortifera di creatività e alternative?


La vacanza diventa, allora, un momento sacro in cui poter lasciare impegni e pensieri, ritornare dentro di noi, sentirci e lasciarsi andare, scoprire ciò che di diverso è fuori e scoprirci nuovi dentro, per permetterci di creare nuove espressioni di noi.

 

Crediti e bibliografia:


Foto: Meditazione, Sasint, Pixabay


Filmato: Koyaanisqatsi: life out of balance, Godfrey Reggio, Philip Glass e Ron Fricke, Video, 1982


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