La chiusura delle scuole ha acceso i riflettori sui bisogni delle famiglie e sulla precarietà del nostro sistema scolastico. Un sistema cronicamente in difficoltà, messo in discussione da chi ci governa sia sul piano economico, visti i continui tagli, sia su quello della funzione sociale, viste le recenti, e purtroppo ricorsive, esternazioni da parte dei nostri politici. Un servizio, quello della scuola pubblica, che fa un'enorme fatica ad aggiornarsi, guardarsi con occhio attento e rimodularsi rispetto alla società che cambia.

Ci si propone di contribuire alla formazione dei futuri cittadini del mondo e, praticamente sempre, si pratica una didattica figlia di un modello ottocentesco che preparava i futuri uomini dell'era della seconda rivoluzione industriale. Come può funzionare ora, che le necessità e le risorse sono completamente differenti?
Credo che l'insegnamento non possa essere scisso dalla competenza dei maestri a leggere la società, poichè immagino la loro didattica come il frutto dell'incontro tra questa analisi e la loro materia di insegnamento. Quante volte abbiamo sentito bambini e ragazzi chiedere, polemici, a cosa gli servisse studiare? E come possiamo rispondere se studiare è diventato un rito da ripetere uguale a se stesso privo di un aggancio al mondo vissuto dagli allievi?
L'edificio scuola è diventato un luogo di un culto ormai vetusto, con i banchi disposti come le panche in chiesa, rivolte verso un altare-cattedra che dispenserà loro una cultura priva di rapporto.
Eppure le alternative esistono da anni: sono
stati pubblicati, nel corso di decenni, letteratura a proposito di diversi modelli educativi e report di esperienze pratiche portate avanti da educatori, maestri e psicoanalisti. In Italia, un'esperienza molto importante è quella dell'Asilo nel Bosco.
Tra queste, una delle possibilità è rappresentata dell'Orto Didattico.
La vita nell'orto permette la simbolizzazione di aspetti interiori del bambino e ragazzo: la crescita delle piante, il prendersene cura, il lavoro in gruppo sono dimensioni a metà tra l'interiore e l'esteriore e il lavoro basato su questi intermediari consente la comprensione, e poi l'evoluzione, delle dinamiche interne del bambino-ragazzo.
Si parla di come piante di specie diverse si aiutino l'un l'altra sinergicamente, per parlare di se stessi in rapporto all'altro, di differenze di ognuno, di come queste possano essere utilizzate per ostacolarsi oppure per aiutarsi.
Si racconta di come la natura viva in equilibrio, anche attraverso l'esistenza dei parassiti, per confrontarci sulle emozioni evocate dalle malattie e dalla quarantena.
L'utilizzo competente del simbolo, tipico della psicoanalisi, apre le porte ad una esplorazione del mondo interiore e di rapporti del bambino che nessuna didattica unidirezionale può consentire. In questo rapporto tra maestro e allievi, l'apprendimento non è un obbligo entro un rituale, ma un frutto (è proprio il caso di dirlo) della comprensione degli interessi, delle difficoltà e delle peculiarità di ciascun individuo, è una didattica mutevole, costruita insieme, messa in discussione ogni giorno e, soprattutto, che decide con saggezza e competenza di rinunciare al potere del ruolo istituito, per svolgere una funzione maieutica di crescita con i ragazzi.
Crediti e bibliografia
Teoria: Bonura S., L'Orto dei Bimbi. Giochi e attività didattiche per creare insieme un orto bio, Terra Nuova Edizioni. Spielrein S., The Essential Writings of Sabina Spielrein, Routledge.
Foto: Schauhi, Impianto, Pixabay
Video: Verde Bosco, Zelig, CanaleScuola, video