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L'errore del terapeuta è la terapia, per tutti

Lo dico subito, così togliamo rapidamente il dente dolente: commettere errori è per me un'indicibile agonia, una sofferenza che con gli anni ho dovuto accettare, e il meglio che ho saputo fare è stato imparare a considerarlo un male necessario. Accettare che le cose possano essere al di fuori del mio controllo, venire a patti con il non poter piacere a tutti, essere fallibile, non farcela.. tutte cose da ingoiare come rospi velenosi.

Eppure c'è da dire che è molto difficile fare questo lavoro, quello da psicanalista, se non si accetta di sbagliare, anzi, ancora meglio, se non si accetta di fallire.

Uno psicanalista bravo, un tempo, mi disse che ero abitata da un temibile inquisitore pronto a torturarmi e oggi, uno psicanalista altrettanto bravo, mi dice che devo fare i conti con la consapevolezza che quel collega lì non fosse infallibile e invincibile. Due questioni che, a guardarle bene, sono intimamente legate: bisogna accettare che si è umani tra umani, e farsi carico delle angosce causate dal comprendere, profondamente, che non si raggiungerà mai quello standard per cui andremo a dormire, ogni sera, senza alcun pensiero preoccupato circa il proprio operato.

Si fallisce come persone, come partner, come genitore, come professionista e come amico. Ma siamo preparati a farlo? Mi viene in mente la mia brevissima esperienza da judoka ed in particolare quella scenica fase dell'allenamento in cui si impara a cadere: si incurva all'interno la scapola, si prolunga il rotolamento sul tatami e ci si rialza. Una caduta perfetta, ma ben pianificata, tutt'altro dall'inciampare in una buca del marciapiede della periferia romana cadendo rovinosamente davanti ai passanti. Ecco, di cosa sto parlando? Sto dicendo che il fallimento vero non impareremo mai a gestirlo, e che la psicanalisi è quel luogo in cui potercelo dire con franchezza che no, non eravamo pronti a quella caduta.

Potrà sembrare scontato, ma non lo è, tanto che l'ansia è il disturbo del decennio e in tanti dallo psicologo ci vanno per imparare a controllarla, che in fondo è come dire di voler cadere sempre e solo sul tatami e con la spalla ben posizionata.

Ed è difficile riuscire ad abbandonare le difese che ci spingono a fingere nonchalance, a razionalizzare, a minimizzare, ad allontanare la paura del fallimento. E' ancora più difficile, nell'ambito della stanza psicoterapeutica, che sappia farlo il terapista: colui cui vengono affidati i desideri di cura e guarigione, le aspettative da grande sapiente, colui che in quel rapporto viene pagato... è il professionista, diamine!

La verità, la mia intendiamoci, è che spesso sono proprio gli psicologi a non saper cedere alla sconsiderata bruttezza del fallimento, ad arroccarsi davanti ai pazienti con cui hanno fallito, e così pontificano, accusano, citano teorie importanti o inviano i pazienti a colleghi.. tutto fuorchè condividere con il proprio paziente il più profondo dei fallimenti: non ce l'ho fatta e, condividendolo, permettere ai pazienti di scoprire che tra le tante funzioni magiche di quello spazio c'è anche quella del perdere senza indossare alcuna maschera.


 

Crediti e bibliografia


Foto: Jump, Pixabay.

Video: Krishnamurti - Sulla paura, video


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